SOCIETA' CAPITANI E MACCHINISTI NAVALI - CAMOGLI

La seconda spedizione dei Mille: Il racconto del Comandante Giuseppe Ferrari
Intervista col Comandante G. Ferrari

(di Carlo Gatti, Società Capitani e Macchinisti Navali di Camogli)

Così fu definito il viaggio della M/n SESTRIERE, che trasferì a Baltimora-USA 50 equipaggi destinati ad imbarcare su 50 navi tipo- Liberty acquistati dai primi coraggiosi Armatori Italiani. Quel giorno a Genova, alla presenza del Capo dello Stato - non è facile retorica - rinacque la Marina Mercantile Italiana.
Con molta curiosità, entriamo ora nel vivo del racconto della spedizione e ci poniamo all'ascolto della oral-history del comandante Giuseppe “Gio” Ferrari , classe 1918, uno fra i rari superstiti di quella prima singolare avventura. Il protagonista è il figlio dello storico Gio Bono Ferrari, personaggio amatissimo da tutti i liguri rivieraschi per i suoi accuratissimi libri di storia e tradizioni che ci hanno fatto conoscere i segreti della nostra terra e del nostro mare.


Il Comandante Giuseppe Ferrari, a bordo, nel 1966/Capt. Ferrari, on board his ship, on 1966

•  Comandante Ferrari, sono passati 56 anni dal giorno della partenza del SESTRIERE da Genova. Erano tempi duri!
Avevo 26 anni e partii col grado di 2° ufficiale di coperta. Oggi si direbbe che ero poco più di un ragazzo, ma in realtà ero già un reduce di guerra; quattro anni di guerra “vera” sui sottomarini della R.M. dove mi ritrovai imbarcato al termine del corso effettuato all'Accademia di Livorno. Poi venne l'8 Settembre '43 ed ormeggiammo la nostra unità a Taranto, nella attesa del suo trasferimento a Malta per consegnarla agli Inglesi. Nei mesi successivi fummo impiegati in esercitazioni abbastanza pericolose: con il nostro sommergibile facevamo da “bersaglio” subacqueo alle bombe di profondità delle corvette inglesi ed americane che calibravano, sulle nostre teste, le loro innovazioni strumentali. Nel febbraio del '44 mi congedai dalla M.M. per seri motivi di salute e fu la mia fortuna! Il mio equipaggio, comandato dal C.c. Scarpa affondò in Atlantico con il smg Settembrini , fuori Gibilterra.
Terminato il conflitto eravamo tutti in “braghe di tela”, perché tutto era stato distrutto: navi, porti, cantieri navali, fabbriche, ferrovie, strade. Eravamo affamati e senza lavoro. Ma la voglia di rimboccarci le maniche era tanta e a tutti i livelli; dovevamo ricostruirci un futuro, al più presto, soprattutto per dimenticare il passato.La grande occasione ce la diedero gli Americani su un piatto d'argento. Una parte della loro enorme flotta, composta di circa 2000
Liberty in disarmo nelle rade e nelle foci dei fiumi, fu messa in vendita sul mercato, nell'ambito del piano Marshall, per favorire una rapida ripresa dei trasporti e dei commerci internazionali in un rinnovato clima di pace mondiale. I noli favorevoli e l'impellente richiesta di carbone, per avviare la produzione industriale Europea, impresse quella strana euforia che presto si tramutò in una frenetica attività imprenditoriale.
Il progetto c'era ed era concreto. La nostra speranza in seguito salì alle stelle quando, come un fulmine, si sparse la voce dell'acquisto in blocco di 50
Liberty - Ships , che sarebbero state ritirate, direttamente in America, da 50 equipaggi italiani. Alcuni nostri coraggiosi Armatori: Lauro, Costa, Ravano, Pittaluga, Marsano, la Soc. Italia, il Lloyd Triestino, la Cooperativa Garibaldi, la Soc. Citmar, l'Alta Italia, Gruppi Amatoriali Savonesi ed altri ancora avevano firmato il contratto con la garanzia del Governo Italiano. Si aprì immediatamente la caccia all'imbarco.  


Il Comandante Ferrari, al tempo Ufficiale di Rotta del sommergibile "Asteria"/Capt. Ferrari, when he was Navigating Officer of the submarine "Asteria"

- Ci parli della M/n SESTRIERE...
La M/nave da carico SESTRIERE meriterebbe un capitolo a parte, se non altro per le innumerevoli avventure di guerra in cui si trovò coinvolta: attacchi di siluranti, incursioni aeree, agguati di sommergibili e dalle quali ne uscì sempre indenne. Anzi fu forse questa nave che, grazie soprattutto alla perizia dei suoi equipaggi, poté vantare, come mercantile militarizzato, il merito d'aver abbattuto il maggior numero d'aerei nemici. La M/n SESTRIERE, di 8652 t.s.l., apparteneva alla Società di Navigazione Italnavi, costituita a Genova nel 1924 ed era una delle pochissime navi superstiti della 2a G.M. Varata a Taranto nel 1942 fu trasformata, in occasione del nostro viaggio verso gli States, per il trasporto di circa 800 emigranti in cameroni approntati nei corridoi delle cinque stive e provvisti di letti a castello per tre persone ciascuno .  


La Motonave "Sestriere"/The motor ship "Sestriere"

•  Comandante, immagino che l'altissimo numero di passeggeri ammassati negli angusti corridoi delle stive del SESTRIERE vi abbia procurato dei disagi non solo logistici…
Ad essere sinceri eravamo consapevoli della portata storica dell'avvenimento e quindi della nostra condizione di privilegio, tuttavia ricordo che non mancarono i mugugni e le rimostranze. Ricordo soprattutto che ci venne a salutare lo stesso sindacalista Giulietti alla Stazione Marittima, il quale nell'occasione ci rassicurò sia per l'abitabilità della nave, che per la sicurezza del trasporto di quell'imponente e un po' speciale carico umano, in quell'imminente spedizione oltre oceano. Non ricordo esattamente, ma credo che ci fecero imbarcare e poi sbarcare due o tre volte dalla nave, nello stesso giorno, per permettere alle squadre di bordo di stanare gli immancabili clandestini. Ne furono trovati alcuni, ma sette riuscirono ad arrivare in America.
Era l'8 novembre 1946 quando, alla presenza del Capo dello Stato, lasciammo la banchina passeggeri di Ponte dei Mille, situata al centro del Porto Vecchio di Genova. Prima ci fu una breve sosta in rada, nella attesa dell'imbarco dell'armatore Ravano, di sua figlia Maria Luisa e del figlio Antioco. Al tramonto il
SESTRIERE finalmente salpò da Genova e fece rotta per Baltimora-Stati Uniti. Al comando della spedizione c'erano due grandi Comandanti in fase d'avvicendamento: il camoglino C.l.c. Pastorino e l'imperiese C.l.c. Arimondi. Gli Armatori ed altre importanti persone dell'epoca erano stati alloggiati nelle cabine passeggeri a centro nave. Il nostro gruppo, appartenente all'armatore Achille Lauro, fu sistemato nei corridoi della stiva n°4, a poppavia del cassero, in letti a castello da tre posti. Alcuni tavolacci per il consumo dei pasti erano stati approntati nei corridoi stessi, mentre per i servizi igienici ci dovemmo accontentare d'alcune tughe di legno costruite in coperta e fornite d'acqua di lavaggio in circolazione permanente, con scarico diretto in mare. Chiunque può immaginare gli effetti di una tale situazione di promiscuità in un così esiguo spazio vitale. Ma la fortuna ci diede una grossa mano. Considerando la stagione in corso, il tempo fu eccellente ed il viaggio durò soltanto 14 giorni. 

A questo punto ci sia consentito, di riportare alcuni stralci di un articolo del “ Corriere del Popolo ”, per rivivere in diretta l'atmosfera di quei giorni. Il giornalista è rimasto sconosciuto, ma tutto lascia intendere che facesse parte della spedizione:
…Il Sestriere era attrezzato per il trasporto di reduci e non aveva quindi la possibilità di risolvere in modo brillante una spedizione atlantica nel mese di novembre. Era però assolutamente necessario che, bruciando le tappe, la massa degli equipaggi destinati ai “Liberty giungesse al più presto negli Stati Uniti per alimentare in modo risolutivo la pressione che i nostri rappresentanti stanno esercitando da mesi presso il Governo di Washington allo scopo di ottenere la rapida cessione delle 50 unità mercantili. I Marittimi che hanno compreso l'importanza nazionale della spedizione, si sono rassegnati facilmente ai disagi, e senza distinzione di grado, hanno accettato con spirito cameratesco, di vivere ammassati nelle stive di una nave mercantile, come vissero a suo tempo i pionieri delle prime spedizioni transoceaniche. Questo spirito di sacrificio e d'adattamento è necessario che sia portato a conoscenza di tutta la Nazione, affinché tutti sappiano in qual modo si possa iniziare la ricostruzione della più importante industria: quella dei Trasporti Marittimi. A bordo del Sestriere non esistono disparità di trattamento; marinai e Stato Maggiore vivono la stessa vita, hanno comuni diritti e doveri, il vitto è identico, le sistemazioni degli alloggi sono uguali in tutte le stive, le privazioni e le rinunce sono il collaudo del fisico e del morale di tutti. Passati i primi giorni di stordimento e delusione, i marinai hanno ritrovato il loro abituale buon umore e con questo hanno superato filosoficamente tutte le difficoltà impreviste…
A bordo si sono fatti incontri imprevisti; compagni di scuola si sono rivisti dopo oltre vent'anni. Un mondo di ricordi ci riporta ai tempi della nostra adolescenza. Si ritorna ad essere giovani ed irrequieti. Tutti sanno che debbono ricominciare e sono irrequieti. A bordo ci sono tutte le tendenze politiche, ma nessuno sente il bisogno di manifestarle. “La nostra occupazione è il lavoro che ci attende…”

•  Come siete stati accolti in America?
“Arrivati felicemente a Baltimora- Maryland, iniziò un iter burocratico per noi tanto sorprendente quanto inatteso. Quasi subito fummo trasferiti a Hampton Roads , nella Baia di Chesapeake- Virginia. Consegnati in stile militare al Reparto dell'Emigrazione fummo a lungo interrogati sui nostri trascorsi bellici e politici, sulla base del Crew List (Ruolino Equipaggio) che, spedito da Genova, era ovviamente giunto negli States prima di noi ed era già stato analizzato e verificato a dovere. Il pericolo da evitare, per le preposte Autorità della Virginia, era costituito dall'eventuale infiltrazione di comunisti nel tessuto sociale americano.
Ed a questo proposito ricordo che un gruppo di nostri compagni di viaggio, più sfortunati di noi - erano stati ingaggiati dal Lloyd Triestino - dovettero rimanere in quarantena quasi due mesi ed infine, dopo parecchie sofferenze, furono costretti a rinunciare all'imbarco. Gli americani avevano “
scoperto” che il Lloyd era di Trieste, che in quegli anni era occupata dall'esercito di Tito, considerato allora strettamente legato a Stalin. Il risultato finale fu pertanto la sospensione della vendita di quei Liberty destinati alla Società triestina, sino al compimento d'indagini più approfondite. Ci presero le impronte digitali e ci rilasciarono un apposito tesserino che conservo ancora tra i mie cimeli di navigante. Alcuni medici ci visitarono accuratamente e diedero l'O.K. al nostro ingresso negli Stati Uniti. Lentamente, step by step , come dicono gli americani, vedevamo avvicinarsi il momento della nostra “Personale Liberazione”.La sosta a Baltimora fu assai breve. Imbarcati sul treno per New York ci ritrovammo il giorno dopo nella famosa (o famigerata) Ellis Island.”.


Ellis Island, a New York, in una foto del 1905/Ellis Island, NY, on 1905

Che cosa rappresentava per voi Ellis Island?
La sua posizione isolata ed emarginata, situata alle porte di quella enorme e pulsante megalopoli che è la città di New York, inizialmente ci evocò la “quarantena” dei nostri emigranti, la diffidenza ed il sospetto, i lunghi periodi d'isolamento, i rimpatri forzati. Poi, da buoni italiani, e per il fatto d'essere emigranti provvisori, già in regola con tutte le formalità burocratiche, ci organizzammo la nostra vita privata ed il tempo libero. Poi facendo visita ai nostri connazionali conoscemmo le loro realtà quotidiane ed anche le loro alterne fortune. In quel magico limbo rimanemmo in attesa della sospirata chiamata. Ma il nostro
Liberty non era ancora pronto per la consegna.
Nel frattempo, con altri sette del mio equipaggio, trovai anche la possibilità di guadagnare 35$ la settimana presso una fabbrica di dolci. Il proprietario era un camoglino “doc”, e durante i ventidue giorni d'attesa, grazie al suo appoggio, incontrammo tanti altri connazionali che ci portarono a scoprire quella affascinante città che era rimasta “estranea” alla guerra e che aveva galoppato velocemente verso una nuova era. Alcuni della “spedizione” non resistettero al fascino del “New World” e disertarono con l'aiuto di parenti già immigrati e regolarmente residenti. Tuttavia il gruppo d'Ellis Island si andava assottigliando ogni giorno, finché giunse anche per noi la convocazione ufficiale. La nostra nave si trovava presso la“Reserve Fleet” di Mobile- Alabama e quando fu stabilita la data di partenza, la raggiungemmo in treno. Il viaggio durò trentasei ore.
Al primo impatto con quella baia ricoperta di centinaia di
Liberty ancorati ed affiancati a rovescio, (prora con poppa), ci venne naturale riflettere su quell'immensa produzione bellica ed alla presunzione di chi ci aveva governato per vent'anni e che non aveva minimamente stimato il patrimonio umano, la ricchezza, le capacità tecniche ed organizzative, di quella potenza economica che era l'America di quel tempo.E ci fu subito un'altra sorpresa: ci aspettavamo, dato il basso costo d'acquisto della nave, d'imbarcare s'un residuato bellico quasi da demolire. Al contrario ci trovammo su un Liberty perfettamente funzionante, in ottimo stato di conservazione, perché era visibile, in ogni suo angolo, l'opera di una manutenzione accurata ed eseguita ogni giorno durante la sosta alla fonda. La nave era provvista di frigoriferi, ampie salette, cabine singole per gli ufficiali e doppie per la bassa forza.
La strumentazione nautica: girobussola, radiogoniometro, eco-scandaglio, costituiva una novità assoluta per quell'epoca, ma quest'improvviso salto tecnologico era completato anche da una imponente bibliografia, efficiente, pratica ed innovativa come ad esempio le Tav. HO-214 che consentivano un rapido e preciso calcolo astronomico della posizione della nave. Devo dire che tutto il materiale a nostra disposizione sul
Liberty era all'avanguardia per quei tempi.
Le stive traboccavano d'attrezzatura per l'armamento dei bighi di carico ed altro materiale vario: cavi, pulegge, redance, maniglioni, grilli ecc… per la felicità degli anziani di bordo che non avevano mai visto tanta abbondanza. Non solo, ma ci fu concesso di accedere anche ai numerosi magazzini allineati nei
Docks per rifornirci ulteriormente di materiale più idoneo ai viaggi in programma.
La nave si chiamava ancora
“JOHN EINIG” . Impostata il 1.12.1943, fu varata il 14.1.1944 e consegnata il 31.1.44 dal Cantiere Navale St. Johns River di Jacksonville con il n.28. Durante la guerra aveva navigato nell'Oceano Pacifico. Per la cronaca fu demolita a La Spezia nel 1969. Navigò 25 anni in tutti i mari del mondo.
Presi dall'entusiasmo ci organizzammo a dovere e dopo qualche giorno partimmo per il nostro primo viaggio diretti a Pensacola- Florida. Ci attendeva un carico di carbone per Genova. Di quella sosta, ricordo in particolare il rischio che corsi, quando appeso fuori bordo sul bansigo (sedile volante), mentre pitturavo il nuovo nome sulla poppa della nave: “
AIDA LAURO ”, improvvisamente mi accorsi che un branco di caimani affamati nuotava sfiorando silenziosamente la superficie del mare, a pochi centimetri dai miei piedi, nell'attesa di farmi la festa…! In stato di shock rividi il film della mia pur breve ed avventurosa vita: bombardamenti, siluri schivati per un pelo, la mia Croce di Ferro al Valor Militare, l'attraversamento dei fronti di guerra ed i rastrellamenti dei Tedeschi quando, a piedi, risalii tutta la penisola. Ora, in quella pace ritrovata, rischiavo di finire in pasto ai caimani…non era possibile! Ritrovai l'orgoglio ed il coraggio dei momenti migliori e reagii con la forza della disperazione, non per affrontare i caimani, ma per togliermi da quell'assurda situazione. Sono ancora qui! Perché riuscii a cavarmela ancora una volta.  


L'Aida Lauro, ex "John Einig", il Liberty che fu trasferito in Italia dal Comandante Ferrari

A proposito di morsi, mi tenni ben stretta tra i denti, quanto più potei, l''AIDA LAURO . Quel mio primo sospirato imbarco da civile durò ben 36 mesi e fu il primo di una lunga serie che mi legarono fedelmente al mio Armatore Achille Lauro per tutta la vita. La mia carriera prese inizio in quei giorni fatidici, prima come Ufficiale e Comandante, in seguito come Ispettore e Dirigente dislocato un po' dappertutto nel mondo, inseguendo o precedendo, a seconda delle circostanze, sia le navi da carico, sia quelle più famose come l' ACHILLE LAURO , l' ANGELINA L . il NAPOLI , la SURRIENTO , la ROMA , la SIDNEY ed altre.


La M/N "Sestriere" a rimorchio del M/R "Torregrande" (comandato dall'autore di questo articolo, Carlo Gatti) verso la demolizione 

- Comandante Ferrari, siamo giunti al termine di questa rievocazione storica e le assicuro che spesso ci siamo sentiti imbarcati al suo fianco. La ringraziamo per questa insolita emozione! 

APPENDICE: Breve curriculum del Comandante Giuseppe Ferrari
Si diploma Capitano al Nautico di Camogli e frequenta il Corso Uff. di Complemento alla Regia Accademia Navale di Livorno (1939-40).
Allo scoppio della 2° Guerra Mondiale imbarca sul smg. Bandiera operante in Mediterraneo. Il 27.11.1941, prima d'essere destinato a Pola, sposa a Camogli la maestra Ortensia Razeto.
Nel febbraio del 1942 riprende le missioni di guerra sul nuovo smg. Asteria.
Il 22 ottobre 1942 nasce il primogenito Giovanni e tre giorni dopo avviene il decesso del padre Giò Bono. “Fu un troppo rapido passaggio di consegne tra nonno e nipote” , commenta Cap. Giuseppe.
Promosso Tenente di Vascello, è coinvolto in 18 missioni di guerra con il grado di Comandante in 2a sui smg. Settembrini, Serpente, Marea, Ametista, Settimo.
A causa dell'Armistizio e con l'Italia divisa in due, rimane 18 mesi lontano da casa e senza notizie della famiglia, prima a Taranto e poi a Livorno. Con la liberazione di Genova dai nazi-fascisti, cap. Giuseppe raggiunge il Capoluogo ligure con il primo convoglio di dragamine inglese e sbarca davanti a Nervi il 5 maggio 1945.
Ma la Flotta Italiana è distrutta e l'attesa di un imbarco si conclude, dopo oltre un anno, con la “Spedizione dei Mille” del Sestriere.
Dal 1947 al 1969, fedele all'Armatore Lauro, scala i vari gradi della gerarchia di bordo, sino al Comando che terrà per undici anni.
Cap. Ferrari diventa padre per la seconda volta. Il 2 gennaio 1950 nasce la figlia Anna.
A circa metà carriera, riceve incarichi di Port Captain e Rappresentante dell'Armatore a Kuwait City. Riprende in seguito il Comado sulle navi da carico: Megara , Pallade, Simonetta, Amalfi.
Nominato Ispettore della Flotta Lauro, svolge incarichi e missioni in Italia, negli Stati Uniti, nei Carabi, in Africa e in Nord Europa. Dal 1971 al 1980 dirige la Programmazione delle Crociere per le navi passeggeri: Angelina Lauro e Achille Lauro. Riordina e pubblica un Volume sulle 50 navi della Flotta Lauro.Conclude la sua lunga carriera nel giugno 1980, orgoglioso di essere stato per 34 anni alle dipendenze di un solo Armatore.

Carlo Gatti - 8/2006